Miranda: Growing Heads Above The Roof [2009]

Due pugliesi e un calabrese trapiantati a Firenze. Non è una barzelletta, anzi, è una serissima realtà, questo trio ormai giunto al terzo album (e mezzo, considerando lo split con i canadesi The Creeping Nobodies), dopo un'interessante evoluzione che li ha visti partire da sonorità post rock sino a far parte di quella corrente neo punk funk che a metà anni Duemila travolgeva parecchi. In quest'ultimo episodio della loro discografia, i Miranda cambiano, però, sensibilmente (ed intelligentemente) direzione, spingendosi una decina di anni addietro per quanto riguarda una delle primarie componenti del loro sound caratteristico e lasciando, giustamente, inalterato l'approccio grooveggiante che, più che mai nelle loro trascinanti esibizioni dal vivo, li caratterizza. Il frontman Giuseppe Caputo accantona in parte le chitarre sugli acuti e potenzia le frequenze basse, che accompagnano e levigano il già di per sé tondeggiante basso di Piero Carafa, mentre il lavoro di deframmentazione viene delegato in buona parte al batterista (anche elettronico) Nicola Villani (primus inter pares, eccellente per come si gioca, senza dover sempre suonare a volumi spropositati, la varietà di accenti anche su ritmiche che di per sé non richiederebbero chissà quali virtuosismi). Il suono, pur riconoscibile rispetto al passato (il rullante, ad esempio, produce “quella” nota), diventa pertanto più vario, più potente e fornisce ampia libertà al trio anche nella struttura dei pezzi. L'opening grasso e poderoso di Blow Off, trascinato da un synth granitico, rimanda alle cavalcate in cui gli Oneida sono maestri (ricordate quei favolosi 14 minuti di un solo accordo?) e l'album transita poi per digressioni costellate maggiormente da interventi elettronici, sino al singolo Head Growing, che all'inizio imita Mushroom dei Can, sino a frantumarsi in un geniale campionamento di chitarra e a deflagrare in un finale in cui ogni strumento viene (letteralmente) percosso: il tutto con l'appeal del singolo per eccellenza. Non da tutti, sicuro. Tra influssi liarsiani (Peep Show, I Got You, Red Hat Block) e neonewyorchesi in generale, il disco scorre via che è una bellezza, non dando mai l'impressione di allungare il brodo oltremisura. Qualche riserva permane forse nell'utilizzo della voce, mai completamente folle come alcuni brani esigerebbero e mai del tutto controllata; ma che quest'ultima non sia una dichiarata priorità del gruppo è intenzione abbastanza palese e basta dare un'occhiata ai titoli dei brani per rendersi conto che ai Miranda, in fin dei conti, interessa divertire. E fortunatamente anche in questo si distinguono dall'inutile seriosità di mille progetti analoghi che, nati come fenomeni in un lampo, fanno altrettanto in fretta a sgonfiarsi.
Recensione a cura di:
Francesco D'Elia



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