ALFATEC: s/t [2011]

Nuovo lavoro per gli ALFATEC, band fiorentina che è ormai diventata una delle più apprezzate del sottobosco musicale cittadino (quello più sporco) e nazionale: attivi dal 2004 portano avanti la "bandiera nera" dell'hardcore-punk più spinto e tirato. Tre dischi all'attivo, uno split con gli olandesi This Routine Is Hell e un'attività live che li ha visti protagonisti un po' ovunque in Italia e, soprattutto, all'estero (Grecia, Slovenia, Lituania e Ungheria tra le varie) a condividere le proprie sonorità e a far capire che anche in Italia ci sono band che sanno il fatto loro, che nella valigia caricano tutta la loro esperienza e passione e fanno inorgoglire l'underground fiorentino alla velocità di un paio di minuti a pezzo. Il sound proposto nel nuovo full lenght non si distacca troppo dai lavori precedenti, fedeli alla linea gli ALFATEC propongono un hardcore vigoroso e ispirato, scarno negli elementi come piace ai cultori del genere (chitarra, basso, batteria, voce e nulla più). Le tracce sono veloci, immediate e tirate: alla voce non c'è Henry Rollins ma  la carica emotiva che ne scaturisce è la stessa, Tommaso Maggiorelli orchestra sapientemente le dinamiche schiette ed efficaci della parte strumentale; forte di un tono vocale sporco al punto giusto enfatizza e trascina le tredici canzoni della tracklist conscio di chi ha alle spalle dei musicisti che sudano sulle corde e spezzano le bacchette, ma mai si lasciano andare a inutili divertissment o divagazioni. dritti come un treno impazzito che si ferma solo quando il disco è finito (e ancora senti il fischio dei binari nella testa). Un atteggiamento fiero e umile al tempo stesso guida una band passionale e genuina: mentre alcuni si chiedono se passare dal cantato inglese a quello italiano, gli ALFATEC discretamente se ne fregano e piazzano un paio di canzoni nella loro lingua madre in un disco dai versi anglosassoni, senza mai dare la sensazione di distacco o di incoerenza rispetto all'armonia generale. Un disco scuro e selvaggio di cui la foto in copertina ci lascia intuire le tinte. Gli ALFATEC ad oggi sono una delle migliori e più consolidate realtà locali, una band che trova la propria ispirazione tra note americane di fine anni '80 e che le sa miscelare con gusto sapiente, il risultato? un sound più "straniero" che fiorentino, più europeo che italiano. Da stranieri in terra straniera durante i live all'estero, gli ALFATEC danno adesso la parvenza di stranieri nella propria terra (nonostante i pezzi in italiano di quest'ultimo lavoro) e, ormai maturi e decisi, ci fanno rifletter sul fatto che, alla fine, c'è ancora gente che sa urlare e che certi generi da metropolitana berlinese o spiaggia californiana non sono e non saranno mai morti.
Recensione a cura di:
Tommaso Fantoni

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