Architecture of the Universe : Il Grande Freddo [2012]


Degli AOTU non se ne era mai parlato su queste pagine, un po' per pigrizia o un po' per dimenticanza non siamo mai riusciti a dare a questa band pratese il giusto tributo. Lo facciamo ora, nel mese in cui esce la seconda fatica della band pratese: "Il Grande Freddo". Dopo il convincente EP di debutto "Parallel Void" (2011) i quattro tornano a far parlare di sé con quest'ultimo lavoro realizzato al Math Lab Studio e autoprodotto. Non un vero e proprio disco, ma un quadro classico e contemporaneo al tempo stesso, i cui colori sono scelti con perizia tecnica e estro botticelliano. Dico classico, perché se c'è una cosa che gruppi come Mogwai, This Will Destroy You o Explosions in the Sky hanno contribuito a creare in questi anni sono un'infinità di piccoli dischi emulativi o che poco si differenziano l'uno dall'altro e che nulla di nuovo aggiungono a quell'enorme sottobosco che è il post rock. Dischi in cui gli stilemi e gli eclettismi si susseguono come sul rullo di una fabbrica, sempre e per sempre uguali a se stessi. Gli AOTU conoscono i rischi del mestiere e tale consapevolezza diventa l'elemento preponderante dell'intero EP. "Il Grande Freddo" è quindi sì un disco post rock, ma è anche qualcos'altro. Lorenzo Guazzini, Andrea Guasti, Michelangelo Puglisi e Francesco Colapietro forgiano un lavoro che di quel genere si fa manifesto e che potrebbe tranquillamente essere ascoltato dai neofiti che desiderano approcciarsi questo tipo di musica. La tela su cui la band stende il colore è dunque quella che già altri gruppi hanno provato a dipingere (cadendo in un circolo vizioso di note ritrite alcuni, e in dischi scialbi altri), ma il dipinto che ne viene fuori agli AOTU è di tutt'altra fatta: basti prendere la first track dell'EP, Scoprirsi Rosso, per accorgersi che è essa stessa manifesto delle intenzioni musicali degli autori: post rock classico, ben suonato e personale; capace di trasmettere quelle emozioni che molti scoprono solo nella musica strumentale. Il disco si apre così con otto e passa minuti di musica in cui i sali e scendi emotivi e melodici sono controbilanciati da esplosioni di amplificatori e folate di vento elettriche, con una voce in lontananza che si innalza fino a esplodere. Sicuramente un bell'inizio, che riprende i cliché cari al genere, ma che anche li reinterpreta in chiave personale in modo da fornir loro una veste unica e riconoscibile. D'altronde anche un dipinto è formato da più colori mescolati in maniera armoniosa, e così fanno gli AOTU: niente è fuori posto e tutti i suoni sono scelti con attenzione, dai drumming ossessivi sui piatti alle chitarre acidissime e spaccavetro di Per Non Sentirti Solo Anche Domani fino all'incipit malinconico e evocativo della title track, ballatona onirica che a tratti riesce a sfondare quella famosa tela e a far uscire tutti i colori degli AOTU sul cavalletto. Il disco è in streaming / freedownload qui (e lo piazziamo anche noi più in basso perché piglia bene), ma per chi volesse c'è anche la copia fisica, una cornice perfetta al quadro sonoro e al paesaggio strumentale che gli AOTU contribuiscono a creare. Descriverla è difficile, quindi lascio la parola alle immagini. Un ultimo avviso, ascoltate il disco a volume bello alto. Lo merita.
Recensione a cura di:
Tommaso Fantoni




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