Sangue di Rapa : Sangue di Rapa [2012]

Potremmo dire che il primo EP di questo trio fiorentino si distingue per una buona dose di rock godibile e finire anche qui la discussione, ma non è così. Sarebbe un giudizio troppo snob (aggettivo usato troppo spesso in modo sempliciotto e superficiale), i Sangue di rapa ci propongono qualcosa di più, qualcosa che val la pena descrivere in questo spazio e ascoltare a casa. Innanzitutto da sottolineare la scelta caratterizzante della lingua italiana, opzione coraggiosa e non scontata in un genere che da sempre tende a prediligere gli idiomi d'oltre Manica. Perché allora in un tipo di musica diverso dal cantautorato la scelta della nostra lingua nazionale è una cosa apprezzabile anche a scatola chiusa? Perché prevede tassativamente una ricerca e una personalizzazione del testo che l' inglese usato da un gruppo italiano non può sempre garantire. Da qui il risultato: mentre nell'inglese il messaggio può essere mascherato sia dalla non comprensione dell'ascoltatore sia dalla facilità e dalla scorrevolezza della metrica, nell'italiano questo è alla pubblica gogna e alla mercé di tutti. Chiusa questa piccola parentesi, i “nostri” se la cavano molto bene: proponendo delle liriche sfuggenti (questo può essere un pregio o un difetto a seconda dei gusti) e una metrica che zampetta nervosamente fra le isteriche linee ritmiche di basso e batteria, che sorreggono una chitarra dal retrogusto vintage (che non guasta mai). Il tutto scorre che è un piacere. Le cose migliori però i SDR ce le regalano quando alzano il piede dalla tavoletta del gas: Il Naufragio, per esempio, è un piccolo break dal sapore retrò, da ascoltare con leggerezza, ondeggiando beati. Dopo l'ennesimo ascolto dell'album però rimane sempre un sapore amaro che si concretizza con una domanda: i SDR potrebbe osare maggiormente? Rimane infatti l'impressione che per quanto il tutto scorra senza particolari problemi e sia un album più che piacevole, ci si potrebbe aspettare di più, sopratutto per quanto riguarda la scrittura dei pezzi, che a tratti paiono stereotipati negli stilemi classici derivanti dalla cultura rock passata. Detto questo, se anche a voi non piacciono i giudizi affrettati e se prendete le recensioni solo come meri punti di vista personali che forniscono spunti per scoprire band prima sconosciute, allora ascoltate questo EP: i SDR vi terranno una piacevole compagnia, regalandovi anche qualche danza improvvisata.
Recensione a cura di:
Matteo Ravazzi

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