Topsy The Great: S/T [2009]


Quando uno pensa ai Topsy The Great (neo band di Prato, che tra le sue fila schiera musicisti del calibro di Emanuele Ravalli ex Just Dogs) l'unico aggettivo che gli viene in mente è 'ossessivo'. Questo è il denominatore comune che pervade le tre tracce, tutte strumentali, della loro prima demo. Il trio toscano prende dal garage punk i riff incisivi e musicali, mescolandoli sapientemente alle sonorità cupe e pesanti dello stoner più aggressivo intrecciando linee di basso da martello pneumatico (Nick Olivieri ne sarebbe stato fiero) che trivellano le orecchie: un sound che Firenze non sentiva da tempo (forse non l'ha mai sentito) e a cui forse ancora non è pronta. L'ossessione della ripetitività e della ricercatezza ritmica caratterizza questa demo la quale, coscientemente o non, si avvicina in maniera stupefacente alla malvagia perfezione dei francesi Yelho. I virtuosismi sulle corde si sprecano, ogni componente fa il suo e anche di più: la batteria è pesante e asfissiante ma sapientemente regge le amare note della chitarra trascinando la mente in un universo tanto psichedelico quanto oscuro dal quale non si può uscire, allora meglio adattarsi: alzarsi in piedi e scuotere al massimo la testa tuffandosi nel più classico degli headbanging. Il pensiero va all' hard rock degli albori, quando le dita e le bacchette martellavano le note con la pesantezza delle pietre, va agli accordi di chitarra mai dolci e mai aggrazziati, ma sempre precisi nella loro durezza. Tutto in questa demo predispone all'ascolto e alla complicità, la durata dei pezzi è ridotta al minimo e forse, unica pecca del gruppo, anche troppo. Ma l'ascoltatore per il momento si accontenta e gode dell'incisività delle tracce che entrano nelle orecchie e non escono da nessuna parte mentre, ripensando ai vecchi (ma sempre validi) Kyuss e nei sempiterni QOTSA, vede per lo stoner e per il più generale hard rock una sorta di redenzione e, perchè no, di ritorno in auge. E' il fascino della trasgressione e del provare nuovi sound, è l'attrazione per una disarmonia perfetta che proietta fin dalle prime battute di Sticks On Wheels l'intimorito ascoltatore in un universo dominato da note nocive e crescendi vigorosi in cui l'incauto pellegrino non può che perdersi. Unica via d'uscita: alzare il volume.

Recensione a cura di:
Tommaso Fantoni



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