Manfred Von Richthofen: Black Swan Theory [2011]

Dopo una pausa durata qualche anno, durante la quale ha visto la luce anche qualche progetto parallelo (Shangri-La), tornano i Manfred Von Richthofen, trio garage 'n' roll messosi in luce anche al RockContest di Controradio dell'ormai lontano 2006. Un ritorno gradito e gradevole, c'è da dire. Cinque brani nei quali l'approccio è rimasto grosso modo lo stesso, rinvigorito da una maggior dose di aggressività nel sound e da un tentativo di contaminazione con altri generi, senza che a soffrirne sia l'obiettivo principale, l'entertainment. Materiale di forte impatto chitarroso, dunque, che dall' Intro guarda a quello che potremmo chiamare "new rock 'n' roll" (Black Rebel Motorcycle Club) per poi lambire territori più accesi (Fire, con la sua cavalcata finale e un assolo della giusta dose di tamarraggine) e prendere strade anche troppo esplicitamente retro (la fiammata à la Cramps di Psychobilly, per l'appunto). Al passivo, insomma, qualche eccessivo rimando a un patrimonio che il pubblico conosce forse fin troppo bene e qualche pecca di cura nei suoni; all'attivo, il fatto che, comunque la si metta, i pezzi scorrono e, soprattutto, non sono scritti con l'obiettivo che diventino il pezzo del secolo. E comunque c'è un cantante dalla vena gigionesca davvero spiccata: ne siano esempi il birignao con cui gioca nell'imitare Richard Ashcroft in Discomusic (a dirla tutta, il pezzo pretenzioso e perciò anche il più debole), o i glissandi harrisoniani, o ancora la vena da crooner quando nella ballata Waiting sfodera un bell'ibrido tra Bono e David Bowie. I Manfred meriterebbero comunque di essere riconsiderati, soprattutto dal vivo; niente male per una serata fra birra e amici.

Recensione a cura di:
Francesco D'Elia

1 commento:

  1. niente male questo blog, bravo. ti ho pubblicato il commento che mi avevi lasciato.
    ciao!
    nelli (ioamofirenze)

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