Qualche anno fa, un noto esperto di tendenze musicali si rivolge a I Nobel, il miracolo che Firenze non si è meritata.
Per chi, come il sottoscritto, bazzica assiduamente il fantomatico “underground fiorentino” (che cosa esso sia è la domanda cruciale che in questa sede mi pongo) e ad esso partecipa con energia ed entusiasmo, vederlo celebrato in una compilation di rilevanza nazionale è sicuramente motivo di orgoglio, non posso che avvertire una certa soddisfazione e senso di riscatto nel poter finalmente dire ai vecchi amici scettici: “visto? voi che dicevate che a firenze non c'è un cazzo, che è una città-bomboniera etc”. Tuttavia quando si parla di “scena” e soprattutto di “underground” si applicano ad un contesto categorie, chiavi di lettura che appartengono alla gloria della cultura rock, si leggono -o si vogliono leggere- il dinamismo, l'intraprendenza, le peculiarità che all'interno di una comunità locale prendono vita; si crea un microcosmo, un “local business” che diventa il racconto nuovo, alternativo e che soppianta quello vecchio e istituzionale: un leggero scoramento mi ha preso quando ho tentato di guardare “The Next Wave” sotto questa luce, e solo relativamente l'ho trovata adeguata. Per carità, sarebbe ingiusto, oltre che privo di senso, declassare l'indiscussa qualità musicale offerta da questa compilation (curata da Elena Raugei e da Andrea Sbaragli di A Buzz Supreme in totale autoproduzione), all'interno della quale compaiono volti più o meno noti in città e dintorni, alcuni che confermano il proprio ruolo di local heroes a livello di visibilità e talento, altri che emergono e che da un posizionamento apparentemente più marginale sanno sorprendere l'ascoltatore. Diciotto i brani, un buon censimento sulle tante mini-narrazioni attorno alle quali gravitano, quasi a mò di smistamento, le band della città, e che teoricamente andrebbero a costituire il grosso racconto collettivo di questa Onda 2.0 fiorentina.
Fondamentali i due brani degli istrioni di Trovarobato, la nuova pelle dei King of the Opera (ex Samuel Katarro) e dei Blue Willa (ex Baby Blue), i primi con Nine-Legged Spider - un treno a vapore che corre e striscia, a metà fra i Cure e il prog di Canterbury -, i secondi con Fishes, pazzesca traccia d'apertura della compilation che richiama il miglior indie rock 90's-00's (penso a Yeah Yeah Yeahs, Kills, Motorpsycho). Ottima anche la prestazione delle “vecchie glorie” Kill the Nice Guy con Closed, inaspettata ballata power rock, e Bad Apple Sons con Caracollo, funk ipnagogico e truce (perdono forse qualcosa nella svolta muscolare all'italiano). Rimango piacevolmente colpito da You Talk Too Much dei the Vickers, evidentemente alle prese con un percorso originale ed eterodosso all'interno del brit pop, mentre divertono, saldi sui loro soliti e fedeli bastioni, i the Hacienda con Last Bus on the Way, indie rock da Union Jack issata e pronuncia cockney al limite del reale.
L'anima femminile del rock fiorentino non sbaglia un colpo: c'è anche unePassante con la sua Emotional Countdown, suggestioni electro-wave e vago incedere soul, e il freak folk dei Walking the Cow con la bellissima Rorschach Hands, melodie malinconiche sussurrate dalla frontgirl Michelle Davis.
C'è posto anche per il cantato in italiano, attualmente molto in voga ma interpretato in maniera (fortunatamente) piuttosto originale dalle band qui incluse: oltre ai già citati BAS, troviamo i notevoli Granprogetto con Un Esperimento, indie pop spiccatamente 90's fra Weezer e Grandaddy, liriche delicate e ben calibrate; interessanti anche i la Duma (progetto solista di Wassillj Kropotkin) con lo shoegaze freddo, tinto di esistenzialismo, di La Scelta è Tragica, e i Tribuna Ludu, percussivismo indemoniato e liriche truculente (mi pare urlino “Avetrana!” ad una certa) in Frattaglie. Meno convincenti gli Underfloor con il rock à la U2 di Solitari Blu, mentre si conferma ispiratissimo l'altro eroe di scuola Trovarobato, Lorenzo Maffucci aka Mangiacassette: nella sua Sangue si incrociano i Flaming Lips e il beat italiano, un senso di straniamento dolce e parecchio divertente. Piacciono anche i Ka Mate Ka Ora e i Plastic Violence, i primi con la calibratissima My Psychedelic Teacher, ballata dream pop à la Galaxie 500 (peccato la produzione non sia del tutto adeguata al loro sound), i secondi che spiazzano con le trame oscure di Ghost Nation, post rock ricco di tensione e sinistre incursioni ipnagogiche. Più scontato ma ben fatto il pop dei Velvet Score con Pictures of Summer (lontanissimi echi di emo-core nell'intreccio delle voci), mentre va infine una nota di merito alla sapiente sperimentazione dei Karl Marx Was A Broker e Dilatazione (sapienza schizoide la loro, la gaia scienza della provincia toscana): i due pistoiesi sono una furia in Teletubbie fra stoner e math rock degno dei migliori Zu, condottieri e se vogliamo semplice punta dell' iceberg del sottobosco noise\heavy fiorentino, di cui abbiamo già discusso in passato all'interno dell'articolo “Firenze Odia”. I Dilatazione invece, scalmanati serrafila di questa ricca compilazione, salutano tutti con Exit Poll- Marx on Mars (ricorrente marxismo fuori dai gangheri), electro rock fra ballo e meditazione, i nervi tesi dei Vampire Weekend e un po' del cuore dei Tv on the Radio.
Potrebbe sembrare un'indigestione di qualità, questo lungo elenco di prodigi fiorentini, - pesa solo qualche esclusione, vedi Unmade Bed, Le Furie, o circuito rock'n'roll tipo I Ganzi o i Riviera -, ma è proprio nell'enumerazione, nel “modo”di fare una lista che la pratica compilativa trova il suo senso e, nel caso di “The Next Wave”, un po' la sua debolezza. Il sottotitolo “una raccolta sulla nuova scena fiorentina” lascia intendere che una scena ci sia e che essa prenda vita, sia ospitata ed ispirata dall' area metropolitana di Firenze e dintorni. Ora, io penso che un'operazione di questo tipo (la costituzione della “scena”) possa avvenire in due modi: o spontaneamente -e quindi va solo documentata- o per mitopoiesi -quindi va inventata-. Nonostante la qualità dei brani proposti, il punto debole di questa compilazione è che non si adegua efficacemente a nessuno di questi due dispositivi: la “next wave” non è spontanea e non può esserlo vista l'attuale condizione dell'underground fiorentino, parcellizzato a livello di produzione -tante etichette medio-piccole, alcune ispiratissime e capaci di creare il proprio racconto ma sostanzialmente di provincia, nessuna che detti un'attitudine comune- e di collaborazione -una scena composita ed eterogenea, fatta di “cricche”, ha molti pregi e molti difetti- ; tuttavia nessuno è stato in grado di inventarla, la fantomatica scena, di saper dare un imprinting comune a un contesto musicale per certi versi atomizzato e che non sa conquistare la propria città. I nomi vengono meramente accostati, e se un processo collettivo si sta avviando ancora non si evince. Firenze si rivela quindi incapace di dare questo imprinting ai propri movimenti se non in pochissimi contesti inclusivi in cui un po' tutti riescono a riconoscersi ,vedi l'Exfila, la buonanima dell'Ex3 ed altri posti fatti scomparire ad hoc per far posto al tourism-rock di Hard Rock Cafè e affini. Finita la stagione in cui la provincia si ergeva a capitale della cultura italiana, Firenze si ritrova piena di talenti, di creatività, di velleità, di chiacchiera debole, di frustrazione. Il fiume è mosso, burrascoso, ma non fa paura a nessuno se non rompe gli argini e ricopre la città.
Recensione a cura di:
Antonio De Sortis
Antonio De Sortis
Mancano anche The Jash, actually..
RispondiEliminama abbiamo ascoltato la stessa compilation?
RispondiEliminaGreat post thankkyou
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