Finalmente si alza dal torpore della stanza buia la musica italiana. Lo fa con quest'album che ha le parvenze di una fiaba raccontata prima di andare a dormire, una ninna nanna gentile, la quale resta impressa nella mente anche dopo il risveglio. L'album degli Unmade Bed è un tripudio di sogni musicali che si dissolvono appena l'ascoltatore apre gli occhi: fugaci e leggeri come le tracce che lo compongono, Loom è un LP surrealista, "lunatico" perchè sembra esser nato sulla Luna, dai colori onirici e dalle melodie psichedeliche che la chitarra spesso ricerca con accurate distorsioni e morbidi delay. La voce che ricorda il languore allegro dei Jennifer Gentle (si sente l'eco di Circles of Sorrow) orchestra magicamente un disco di dieci canzoni per palati fini, per coloro che apprezzano i Mercury Rev e il cantautorato barrettiano, tra l'angoscia di un incubo musicale che le note elettriche ricamano con la batteria (Comet Little Rider) e quelle atmosfere sognanti e cinematografiche eredi dei Giardini di Mirò più attuali. Le tracce arrivano alle orecchie quasi come un sussurro, il quale nonostante tutto si fa strada in un crescendo di elettronica (sempre presente, ma mai invadente) e rincorsa sui tasti del pianoforte. Gli Unmade Bed non hanno paura di sperimentare e, consci delle loro potenzilità, osano e riescono ad essere piacevoli anche nei punti all'apparenza più scomodi, lì dove la ripetizione sonnambulisitica delle note rischia di stancare per il suo aspetto prolisso e ossessivo (Madmoony). La band fiorentina calibra bene i tempi e la dilatazione dei pezzi proprio per aggirare questo ostacolo e riesce a creare nel complesso, un LP/ racconto a più toni e sfumature, tra cui fa capolino anche la voce femminile, da ascoltare mentre si sogna o mentre si cerca di fuggire da un incubo.
Recensione a cura di:
Tommi 'Jena' Fantoni
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