Qube: Duo [2008]


Il nero è un colore che ben si presta a descrivere questo tipo di EP. Esso corre tra le sfumature di crossover e dark-ambient, scivola lungo le scritte della grafica minimalista e tinge il sound dei quattro fiorentini che vedono in questo lavoro il manifesto della loro talentuosità. Sì, perchè sulla tecnica e la bravura del Qube c'è poco da discutere, fin da quando si iniziano a sentire le prime note oscure, sulle quali trovano la loro coesione le corde di una vigorosa bass line e i riff della batteria che martellano nelle orecchie dell'ascoltatore uno degli intro migliori che la Firenze degli ultimi tempi ci ha mai proposto (8=0). Il sound è ossessivo, claustrofobico. E' un sound che fa della sua forza effetti vocali e sonori asfissianti, ma incisivi come quelli del più tetro shoegaze; è un sound che rimanda alle atmesfere notturne dei Tool e dei Neurosis e che striscia come un serpente di elettricità; è un sound primordiale e pscicopatico. I Qube mettono a dura prova sè stessi e l'ascoltatore forgiando una demo dilatata sia nelle melodie che nei tempi, basti pensare a Tesseract di 11 minuti (anche gli Iron Butterfly uscirono dal mucchio con In-da-gadda-la-vida di 18 minuti, solo che allora era il 1968, dopo più di 50 anni è un pò troppo pretendere l'attenzione e la partecipazione necessaria a una demo di simil fatta dal pubblico alla seconda traccia). Le loro geometrie musicali abbondano di distorsioni continue e da un cantato enfatico ma a volte incomprensibile perchè sormontato dai delay. I tentativi di sperimentazione sonora si accavallano in maniera precisa e chiara in alcuni punti, confusa e sfocata in altri, creando un gioco di luci ed ombre che risulta assai poco digeribile. I quattro fiorentini sono sì molto bravi, ma quel messaggio di fondo che la musica e in primis loro stessi vorrebbero tentare di suggerire non arriva. Si cerca di capire tra i virtuosismi e l'angoscia sonora delle canzoni se essi non suonino così se non per loro stessi, perdendosi nel loro innegabile talento. Vero è anche che la musica proposta non è certamente accessibile dai più e non è una musica che riscontra la maggior parte delle volte plausi dal pubblico fiorentino. Giustificarsi dietro queste due ragioni sarebbe troppo facile, purtroppo. Ma allora io vi chiedo, un tipo di musica che è fine solo a se stessa e ai musicisti che la suonano può definirsi arte? a voi il giudizio. Certo è che i Qube sono per tecnica e voglia di mettersi alla prova una delle migliori band dell'attuale scena fiorentina e che in quel nero, dentro cui i pavidi e gli ascoltatori meno esperti rischiano di perdersi, i coraggiosi, gli amanti della ricercatezza e gli appassionati di musica plumbea e teatrale vedono un raggio di luce.

Recensione a cura di:
Tommaso Fantoni



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