I Was nascono nei primi mesi del 2010 da un’idea di Irene Bavecchi (già bassista nei Kill the Nice Guy), Andrea Cuccaro e Andrea Ligia (rispettivamente basso e batteria nei Bad Apple Sons). Il concetto-base del side-project è tanto semplice quanto efficace: unire all’essenzialità di due massicce linee di basso, una solida ed incisiva ritmica. Schiettezza ed immediatezza dunque sono gli attributi che meglio dipingono il quadro sonoro del trio fiorentino. “La Parata degli Animali è Confusa” è la loro prima prova in studio dopo appena una manciata di concerti e qualche serata passata in sala a scrivere i quattro pezzi che compongono l’EP. Nonostante l’esperimento di suonare musica strumentale per basso e batteria sia una costante piuttosto inflazionata nella musica più “hard-noise” delle scene indipendenti italiane (vedi Appaloosa, Morkobot, solo per citarne alcuni) non bisogna farci trarre in inganno da facili pregiudizi; i Was riescono a stupire per la loro genuina semplicità, marchio di fabbrica di storici gruppi post-hardcore americani come i Girls Against Boys. Sin dall’apertura in 4/4 di Parabellum viene sciolto ogni dubbio sul contenuto musicale del prodotto: il trainante basso di Andrea Cuccaro sapientemente appoggiato dall’incalzante batteria lascia carta bianca all’insinuarsi di fraseggi deliziosamente “acid” e vagamente chitarristici di Irene Bavecchi. La sintonia dei tre è palpabile nelle successive Panzerfaust, cavalcata dagli ipnotici contorni, e Van Millon 10, in cui la linea vocale appena sussurrata della bassista accompagna la convincente linearità funky delle quattro corde del collega. Chiude Je Me Encarte, forse l’episodio meglio riuscito del disco, impreziosita dai magistrali contrappunti di chitarra di Vanni Bartolini (O.B.O). “La Parata” è sicuramente un buon esordio che manca però di certe piccole attenzioni dovute probabilmente ai tempi relativamente corti di gestazione, come gli arrangiamenti spesso appiattiti dalle monocordi dinamiche generali. Magari l’aggiunta di qualche elemento stabile all’interno del gruppo riuscirà a definire stabilmente il loro sound. O forse è solo questione di tempo. I tre ci sanno fare.
Recensione a cura di:
David Matteini
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