Tribuna Ludu: In Etere [2009]

Musica a programma? La danza come risposta primigenia e viscerale all'assurdità del contemporaneo? Una nuova declinazione dell'attitudine punk senza essere troppo post-altro? I Tribuna Ludu, quando nacquero (oramai la bellezza di sette anni fa), si proposero di rivestire un po' tutto questo, senza dover essere una band forzatamente concettuale e con il dichiarato intento di intrattenere in maniera intelligente. Fortunatamente, il debutto in long playing di Federico Fragasso (chitarra, synth, voce, testi), Cristiano Bianchi (basso, synth, voce) e Simone Vassallo (batteria, voce) raggiunge un difficile equilibrio fra pamphlet socio-politico, revival danzereccio e attitudine noise, risultando un prodotto molto meno modaiolo di quanto sulla carta si potesse immaginare, che, per converso, si tiene a debita distanza da facilonerie stile Disco Drive o Settlefish, andando a reinterpretare modelli di trent'anni addietro (Gang of Four e This Heat fra le influenze più evidenti). E lo fa intrecciando ad un suono incisivo, acido e martellante liriche che tracciano un quadro nerissimo del Bel Paese.
Si procede dal gioco citazionista (Cardiopalma, che ha tutto per essere “il singolo”) alla robotica cover (Io sto bene) alla marcetta irriverente nei confronti dei regimi (Il passo dell'oca) alla canzone d'amore maniaco-depressiva (Panico diffuso), per poi aprire un lato B in cui il disco improvvisamente si fa cupo e violento, in cui l'indignazione per la mercificazione della religione (JPII, concepito, però, ben prima della morte di Wojtyla) si accosta alle sportellate rave di Microcolture (un pezzo di una cattiveria che nulla ha da invidiare ai Liars), fino al finale zombistico e ossessivo di Lui! Lui! (a suo modo, un'altra cover). Un disco senz'altro importante, a cui non difettano ironia e gran perizia tecnica nelle esecuzioni, al quale, però, forse avrebbero giovato una produzione meno massiccia e più spontanea e un'utilizzo meno invadente di campioni (compare varia umanità di presente e passato, la Santanchè e Bruno Vespa, Giovanni Lindo Ferretti e Toni Servillo, sino alla fulminante riscoperta di estratti del documentario D'amore si vive di Silvano Agosti). Inspiegabilmente, nulla di loro ci è più pervenuto dopo quest'uscita, ma si annuncia un gradito ritorno sui palchi. Evviva.
Recensione a cura di: 
Francesco D'Elia

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