I Neuromantik cambiano nella forma e nello stile. La prima differenza si riscontra nella line-up della band: Hugo, carismatico cantante dall'accentuata malinconia ed enfasi vocale nonchè trascinatore vero e proprio della band fino ai primi successi, lascia il posto ad una (ancora) sconosciuta nuova leva, Luca. Quest'ultimo sembra la persona giusta per la band, donando una tecnica e una continuità che finora non erano ancora mai state apprezzate e cantando con un timbro ingenuo e fresco, cui mi sento di paragonare solo Andrea Chimenti. Nonostante tutto, con la new wave italiana, con i Moda e gli altri gruppi del genere, i nuovi Neuromantik hanno poco in comune. In un universo come quello della scena musicale attuale (fiorentina e non) in cui le costellazioni sono formate da Korg e tastiere distorte e da un apprezzamento musicale sempre più semplicistico e commerciale, i Nk sembrano non voler restare indietro. Abbandonano (senza rinnegare) le loro origini e, involontariamente o non, sembrano seguire altri esempi: quelli di band come Snow Patrol, Editors o più semplicemente Beatrice Antolini (nelle sue più recenti collaborazioni) in cui il vero e proprio protagonista diventa un synth sterile che dà vita a ritornelli orecchiabili e, soprattutto, commerciali. I cinque di Firenze entrano prepotentemente dentro questo mero processo di omologazione musicale e sfornano una demo che sì, è più che discreta dal punto di vista tecnico, ma che contiene tracce di plastica, vuote e senza fantasia. La limitazione musicale sembra fare da padrona: si perdono gli arrangiamenti senza sbafature del passato e il melodrammatico cantato delle origini; la batteria si trova confinata dietro a fill scontati e ripetitivi, la chitarra e il basso perdono di emozione reggendo un cantato pop, mascherato da new wave. Il post punk e l'oscurità per cui tutti li avevamo apprezzati lascia il posto a voci distorte e alla vera protagonista (come poteva essere altrimenti) della demo: la tastiera. Forti della lezione di White Rose Movement, dei recenti White Lies e These New Puritans, i Nk si cimentano così in un'opera dalla voce distorta, ma chiara, in cui l'organizzazione musicale si concentra tutta sui tasti del synth. Il risultato non è tuttavia dei migliori e la costretta forzatura, nei confronti di un genere che sembra non appartenere più a loro, sfocia in elaborate tracce elettro/easy listening, in un inglese languido e smelenso, che i testi non aiutano, e in parti strumentali pesanti all'ascolto perchè grottesche. I Nuovi Nk si riassumono tutti, la loro musica, il loro cambiamento, il nuovo sound freddo e sterile nella cover della conosciuta Neon Eyes, in cui ogni cosa viene stravolta da cadenze dance anni 80 della peggior specie. Ascoltare per credere.
Recensione a cura di:
Tommaso Fantoni
dalle ultime recensioni s'è capito che tu odi pesantemente il synt....
RispondiEliminamagari con l'h in fondo...
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