Umanzuki: Happy Music For Dinner Time [2011]

“...i giovani capitolarono e si schiantarono al suolo dando vita ad un grovigliar e torpinar di spuma di mare in cui l'essenza spirituale degli UMANZUKI giaceva solenne”. Questa la chiusa alla breve biografia degli Umanzuki, giovanissimo gruppo fiorentino. Una semplice asserzione che descrive perfettamente la proposta musicale del trio. Happy Music For Dinner Time travolge letteralmente l'ascoltatore col suo “grovigliar e torpinar di spuma di mare” (mai neologismi furono più indicati) che pervade le 15 tracce del primo full-lenght dei nostri. Votati esplicitamente al free jazz più stonato ed asimmetrico (Ornette Coleman e soci hanno fatto scuola), gli Umanzuki stupiscono per la loro coraggiosa proposta di nicchia che la dice lunga sui loro ascolti abituali. Il flusso di coscienza del trio lambisce territori che vanno da squisite sperimentazioni di jazz d'avanguardia del Davis più sperimentale (periodo Bitches Brew, per intenderci) impreziosite dalle divagazioni atonali e ritmiche sincopate della più recente scuola contemporanea, all'underground noise-core dei Lighting Bolt o dei nostrani Zu. La buona tecnica dei musicisti (Tommaso Di Tommaso alla chitarra elettrica, Alessandro Iacopini al basso, Mattia Betti alle pelli) è funzionale all'approccio al genere anche se talvolta si ha l'impressione, durante l'ascolto del disco, di incappare in un déjà vu musicale che rischia di annoiare e rendere superflui i nobili intenti dei musicisti. Probabilmente una tracklist più corta con pezzi più coincisi e “differenziati”, avrebbe reso il disco un prodotto sicuramente di maggior impatto e spessore. Ma con ciò non vogliamo sminuire l'indiscutibile valore concettuale del progetto che, come coerenza di fondo e spesso anche come qualità, va ben oltre molti debutti dell'odierno indie rock nostrano. Prima prova superata con qualche perplessità, certo, ma che lascia ben sperare di vedere in un futuro non troppo lontano gli Umanzuki annoverati tra le fila di quella prestigiosa cerchia musicale che da anni offre al panorama italiano un afflato più intellettuale e riflessivo che non manca però di quell'immediatezza e coinvolgimento che rende grande la musica.

Recensione a cura di:
David Matteini


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